Secondo la tradizione religiosa, San Giuseppe, oltre ad essere il patrono dei falegnami e degli artigiani, è anche il protettore dei poveri, perché a Giuseppe e Maria fu negato un riparo per il parto da poveri in fuga. Questa ricorrenza porta quindi con sé una connotazione legata all’accoglienza ed in molte regioni italiane, in particolare nel sud Italia, sopravvive l’usanza di invitare i poveri al banchetto di San Giuseppe.
In realtà è una tradizione che si perde nella notte dei tempi e che richiama riti lontani e inaugurali, momenti di festa dal valore propiziatorio: appartiene all’usanza di cerimonie silvestri pagani, che attraverso il rituale di purificazione e di consacrazione, volevano celebrare l’arrivo della primavera e invocare una buona annata per la raccolta nei campi.
In Romagna, ancor prima dei romani, era territorio Celtico e, oltre alle celebrazioni religiose, sono sempre state mantenute vive le abitudini pagane. Il 19 Marzo è a tutti gli effetti la vigilia dell’equinozio di primavera, momenti per propiziare la fertilità e la purificazione agraria appartenenti a questa antica cultura.
Ecco da dove nasce la tradizione dei falò accesi la sera della vigilia di San Giuseppe, le “focarine” o “fogheracce” in Romagna.
Tutt’oggi prevede, sia nelle campagne dell’entroterra che in riviera, vengano accesi dei falò in cui bruciano stoppie, scarti di raccolto e rami della potatura…
Si rincorrono nelle diverse località, dalla costa all’entroterra ed è un’occasione per ritrovarsi davanti al fuoco acceso con un bicchiere di vino, una piadina e un po’ di musica per inaugurare nel modo migliore la stagione che sta per arrivare.